Testi critici

Elisa Bergamino

“che l’ispirazione abbia origini profonde, e attinga in zone psichiche inesplorate, Io si comprende ammirando le opere di Claudio Angeloni le cui figure, del tutto inedite, hanno un qualcosa di misterioso, quasi una sorta di proiezione tra realtà e sogno.

Il richiamo fantastico, non proprio irreale, vibra in sintonia di accenti con l’assoluta semplicità di mezzi e l’estro fluente che gioca molto sull’invenzione”.

Giovanni D‘Alessandro

L’arte fuori dal tempo di Claudio Angeloni

Claudio Angeloni è un pittore romano che comincia a farsi conoscere in Abruzzo. Ha esposto per esempio a Scanno, nell’auditorium Calogero, a metà settembre 2005 – reduce da una personale in Argentina, intitolata “Mito Y Memoria”, che ha riscosso un deciso apprezzamento di critica e di pubblico – e nella cornice scalare dei tetti grigi del borgo abruzzese, immortalata da Cartier Bresson, le sue tele hanno trovato un habitat perfetto, dalle singolari rispondenze.

Come Scanno è fuori dal tempo, così è infatti la produzione di questo autore, nato a Roma nel 1959 e attivo nella capitale, dove ha iniziato un’attività segnata da non pochi riconoscimenti. Perché è fuori dal tempo? Forse perché il tempo gioca un ruolo determinante nella sua poetica, ponendosi come soggetto privilegiato.

La costante inserzione nelle sue tele per i caratteri cuneiformi (una sorta di logo di Angeloni), la predilezione perla riproduzione delle superfici scrittorie – da segnare, incidere, graffiare – il riferimento al mistero della comunicazione ideogrammatica e anche la soggettistica (i labirinti, dell’ultima serie; i gruppi figurali che si atteggiano come compianti medievali, nella bella tela “La danza degli emù”; i principi orientali incoronati, come in “Gudea”) tutto in Angeloni veicola una nota trasfigurata d’antico e una coltivazione mnemonica dell’immoto, nel dinamismo del tempo che trascorre e travolge. A servizio di questa poetica, ecco poi una sapienza cromatica.

Basi sabbiate, acquosità da petrolio, rugosità lignee o inserzioni cartacee – come di antiche pergamene, o fasce di mummia, soprawissute ai secoli e percorse da segni grafici che gridano un muto messaggio – contrappuntano sfondi rosso sangue, cremisi, nero o bianco ghiaccio. Su questi ultimi in particolare – il pubblico potrà apprezzare i plastici torsi michelangioleschi della serie Incontri, bella pagina di tutta una produzione: nudi femminili o maschili, levantisi quali Prigioni, dove il titanismo si trasfigura e ripropone in un intenso tratto chiaroscurale, con masse muscolari ben rese dal nervoso degradare verso le tonalità più scure: dal grigio al nero, dall’oro al bronzo.

Maestro Lino Tardia

“Una lettura attenta delle opere di Claudio Angeloni ci porta a riflettere sull’evoluzione del vivere umano, i dipinti eseguiti con una raffinata tecnica mista, manifestano una seria indagine sensitiva e conoscitiva.

Ogni tela esprime lo spessore del tempo scaturito dal confronto, a volte drammatico o fatato, a volte ironico o sorprendente, fra i primordi della civiltà e un mondo contemporaneo colto anche nei suoi aspetti più insoliti.

Una fervida ingegnosità ideativa che sa immaginare innumerevoli e significative “variazioni sul tema” una sapiente ed equilibrata capacità di elaborazione compositiva, sorretta da una abilità segnica e da un‘eccelsa preparazione tecnica, consentendo a Claudio Angeloni di liberare il suo vivido impeto creativo in scene figurali. in cui un’accorta e ricercata distribuzione cromatica contribuisce a far levitare quel fascino o quel pathos che addenta vigorosamente la sensibilità del visitatore.

E’ un artista giovane di anni ma già carico di esperienza, sul crinale degli anni decisivi”.

Raul Santana

l Palinsesti di Claudio Angeloni

Non pretendo cadere in semplificazioni ma la prima cosa che avverto, nello scorrere le opere di Claudio Angeloni, è che l’immaginario che egli riesce a realizzare – se lo proponga o meno l’artista – ha legami visibili ed invisibili con Roma, sua città natale, nella quale si intrecciano costantemente come in un palinsesto evocazioni di altri tempi -mescolanze di paganesimo e cristianesimo- che passarono lasciando segnali, simboli ed orme intrecciati in questa meravigliosa sintesi che rappresenta la città di Roma.

Angeloni ha il suo studio in Trastevere, uno dei quartieri più antichi di Roma e uno dei più antichi d‘Europa. Ho camminato per Trastevere in diverse occasioni accompagnato dal mio grande amico, il fotografo Roberto Graziano, amico anche dell’artista. E’ talvolta uno dei luoghi dove questa mescolanza passato e presente si rafforza per immergerci in un luogo senza tempo in cui entriamo ed usciamo costantemente – come in un museo- in diverse epoche della cultura. Se da un lato le opere di Angeloni costituiscono un’avventura con la materia pittorica, dall‘altro questa materia che a volte si accumula in grossi impasti ed altre si manifesta in sfoghi gestuali, cancellando i limiti tra astrazione e figurazione, trasmette con le sue impronte, graffi ed evocativi segni, un clima che ci fa pensare al tempo come se le opere fossero state conquistate attraverso sovrapposizioni che appaiono e scompaiono: suggerimenti di un passato che lasciò inesplicabili simboli e graffiti.

Sino ad un certo punto e alla sua maniera Angeloni con i suoi meccanismi per concepire le opere ci riporta a quella situazione visuale che è un’esperienza fresca e quotidiana in Trastevere, capovolta ora nei suoi micromondi. E non è casuale che a volte appaiono frammentariamente parti di figure che funzionano anche come supporti dei suoi gesti ed impasti.

Passato e presente convivono in queste opere in cui al di là dei temi ed argomenti la pittura canta la sua propria gloria.